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Una prima commemorazione ufficiale nella sua università
Riceviamo da Filippo Canali De Rossi, e volentieri pubblichiamo, un breve resoconto della commemorazione che si è tenuta lo scorso dicembre all'Università di Roma "La Sapienza", aggiungendo che il debito scientifico nei confronti di questo insigne studioso è comune anche a chi di Lui non è stato allievo.
"Il 17 dicembre scorso si è svolta, presso la Cappella Universitaria dell'Università "La Sapienza" di Roma, la commemorazione del trigesimo dalla scomparsa del Prof. Domenico Musti, avvenuta a Roma nella notte fra il 16 e il 17 novembre dell'anno 2010. Storico del mondo antico, nato a Sezze Romano il 23 ottobre 1934, nella sua carriera universitaria aveva ricoperto dal 1972 incarichi presso le università di Urbino, Firenze e l'Istituto orientale di Napoli, per poi succedere a Silvio Accame sulla cattedra di Storia Greca presso l'Università di Roma "La Sapienza" dal novembre 1981. Era un insegnante molto motivato, dal quale spero di aver ricevuto la dedizione allo studio e al lavoro intellettuale.
Ricordandolo in una breve commemorazione che ha fatto seguito alla funzione religiosa la prof.ssa Lazzarini si è detta turbata dalla improvvisa scomparsa, ricordando come già recentemente, da vivo, ella ne avesse elogiato le alte qualità di studioso, evidenziandone la profonda dottrina, il rigoroso metodo di ricerca e le qualità didattiche. Nel 1962/63 Luigi Moretti, ritenendolo il migliore, pur non essendo suo allievo, lo aveva invitato a partecipare ad un concorso per ricercatore presso "La Sapienza". Di lui spiccavano l' ampiezza di interessi, la visione d'insieme mediterranea, la padronanza delle fonti di informazion, l' entusiasmo e la tenacia, le geniali soluzioni, con particolare merito in relazione alle tavolette di Locri; schivo, misurato, forse troppo solo, era però attento alle vicende umane e generoso nei riguardi dei suoi allievi.
Il suo allievo Pietro Vannicelli, visibilmente emozionato, ha ricordato come sia difficile commemorare un maestro, specialmente per l'arduo compito di parlare a nome dei suoi molti allievi; ne ha ricordato il carattere eclettico della formazione, definendolo un gigante solitario, sottolineandone la solitudine di studioso e maestro esigente e severo, non disgiunta dalla generosità e dalla dedizione. Lo studio per lui era la vita e la vita lo studio, ed in lui era riconoscibile il frutto della impostazione che dava agli studi greci: "se c'è qualcosa di educativo nella storia greca – amava infatti ripetere – è il fatto che non c'è formulazione che non sia stata filtrata attraverso il reale". La specificità della storia greca era dunque commistione di realismo ed idealismo. Per questa via Musti – ha ricordato Vannicelli – metteva tutto se stesso, forse anche in maniera troppo viscerale, ma anche contrassegnata da una ricchezza, da uno sforzo di concettualizzazione e da una verifica alla luce dell'esperienza dei concetti elaborati. Musti era rigoroso nella separazione fra dimensione pubblica e privata, fra ruolo del maestro e del discepolo, e pur lasciandosi vincere, in alcuni casi, da improvvisi sconfinamenti affettivi, si affrettava a ricondurre il rapporto alla regola. Aveva una autorità che gli derivava dal prestigio e dall'intelligenza, da una sorta di incorruttibilità, basando su razionalità e intelligenza il suo rapporto con gli studenti, quasi ispirandosi a quello istituito fra Pericle e i suoi concittadini. Con la parola, gli allievi ne hanno fatto esperienza, incuteva timore e fiducia. Aveva un carattere difficile, ma metteva tutto se stesso nel fare ricerca e insegnare: per questo – Vannicelli ritiene di concludere – egli non era un barone e non era nemmeno particolarmente abile nel promuovere le sue idee in quanto, con candore scientifico, si aspettava che il riconoscimento venisse dagli altri. Attivo fino all'ultimo giorno, al momento della morte è tornato nel seno della famiglia, mantenendo quella distinzione fra pubblico e privato a cui tanto teneva."